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28.09.2010
BLACKOUT DI SENSO
Di Simone Feder
Giorno dopo giorno ti chiedi se ciò che stai facendo ha un senso.
Giorno dopo giorno ti chiedi se ciò che stai facendo ha un senso. Ti guardi attorno e tutto ti sembra sempre più faticoso, come remare controcorrente in un mare di cui non si vede la fine né si capisce la meta.
A volte mi trovo a pensare che l’ignoranza non ha confini. È di alcuni giorni fa la notizia che la Sisley ha creato una campagna pubblicitaria con immagini diseducative che potrebbero configurarsi in una istigazione al consumo di droghe (http://www.onewoman.it/27/09/2010/fellatio-simulata-nellultima-campagna-sisley-la-donnacome-mero-oggetto-sessuale/galleria/5002/575/4596/). È pazzesca questa ricerca dello scandalo come unico veicolo per attirare l’attenzione, come se fosse l’unico modo per farsi sentire… Crollano i tabu e la trasgressione ti viene proposta su un piatto d’argento.
Giorno dopo giorno gli addetti ai lavori si chiedono come intervenire per arginare e prevenire, gli scandali lanciati tramite i mass media sono quotidiani: ‘giovani allo sbando, generazione senza valori’… e tali signori lavorano al contrario seguendo l’arida legge del marketing a discapito di molti altri, banalizzando le sofferenze della gente solo per vendere di più.
Ebbene vi chiedo per il bene dei giovani di mettervi una mano sulla coscienza e
pensare seriamente al malessere che sta dietro al dramma dell’utilizzo delle sostanze.
Smettiamola di lanciare messaggi fortemente imbecilli. Pensiamo al dramma che
purtroppo vive colui che ne è schiavo, alle famiglie distrutte, agli amici che non sanno cosa fare, a chi, approfittando di queste debolezza, guadagna l’inverosimile portando solo disperazione.
E poi guardiamoci attorno. Sempre più sono i giovani che vivono un malessere
connotato da insoddisfazione verso la vita e che spesso trovano nelle sostanze, in particolar modo in questo ultimo periodo nell’eroina, una pseudorisposta ai tanti interrogativi di senso.
Scuole che faticano a contenere il disagio dei loro scolari; insegnanti che non sanno a chi rivolgersi per fermare questa onda di malessere; genitori che non hanno gli strumenti per rispondere alle difficoltà educative di quei figli che ormai “alla frutta” non accettano più nulla perché persi nelle loro relazioni virtuali.
Giorni fa il noto social network Facebook ha avuto circa tre ore blackout: le persone sembravano in astinenza perché ormai di virtuale non si può più fare a meno. Chi interverrà quindi con questi ragazzi creando con loro una relazione sana e solida di cui potersi fidare? Cosa potranno mai imparare qualcosa di nuovo da questa società malata che da una parte denuncia e dall’altra istiga all’uso?
Simone Feder
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