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29.01.2010
GUARIRE CON IL SILENZIO, LA CURA OLTRE LE PAROLE.
Maurizio Mattioni Marchetti
La conduzione della relazione con il metodo dell’ascolto favorisce lo sviluppo della consapevolezza di sé,
partendo dal presupposto che la persona possa attingere alle proprie risorse personali per attuare dei cambiamenti significativi nel proprio rapporto con la realtà.
La riflessione su di sé è la chiave per acquisire maggiore consapevolezza, per questo l’operatore mette in pratica un sistema comunicativo globale per mantenere gli utenti in riflessione sul sé.
Questa metodologia è accolta in modo positivo dai clienti in quanto non applica sistemi invasivi di persuasione, ma al contrario è rispettosa della persona ed agisce in modo che l’individuo raggiunga da sé le proprie risposte.
Da qualche tempo assistiamo al proliferare di criteri terapeutici che si avvalgono di forme strutturate,di progetti , di spartiti, per insegnare a curare la persona. Si tratta di apprendimenti guidati che vedono l’operatore come servus, come colui che si propone al malato e perciò al paziente, come un servizio nell’intento di plasmarne la vita.
“Le proposte sono sempre capite dagli altri in maniera diversa da come le concepisce chi le fa. –chisholm-“
“La parola farmaco, gli intenti di condurre, di plasmare e consigliare l’altro,sono componenti strutturali dei vari principi di sovranità terapeutica che sottovalutano perfino ciò che diceva Cleobulo –ascoltare è meglio che parlare molto- nonché il motto –non mi dare consigli so sbagliare da solo-.”
Vi sono specifiche visioni del mondo tante quanti sono gli esseri umani; le linee di confine tra queste visioni del mondo si amalgamano nella dialettica della relazione umana.
“Accogliere” significa rispettare e comprendere la visione del mondo del cliente nel contesto di una relazione terapeutica che inizia con la narrazione prodotta dalla persona:
“Le parti e le totalità evolvono come diretta conseguenza della loro relazione, e la relazione stessa subisce un’evoluzione”. (Levino e Lewontin 1985)
Nella comunicazione terapeutica non vi è un punto di vista assoluto rispetto all’altro ma una evoluzione continua tra le parti:
“le verità opposte non necessariamente si invalidano reciprocamente o dominano una sull’altra, ma stanno fianco a fianco, e invitano alla partecipazione e all’esperimento”. (Goldberg 1980).
Il focus è ricercare e riconoscere il valore del punto di vista del cliente ricercando gli aspetti sani sempre presenti in ogni persona, in quanto portatore di capacità, di saggezza, di giudizio e di discernimento rispetto alle proprie scelte di vita, anche se non sempre sono ovvie o costantemente fruibili.
Centrale inoltre è “accogliere” ed affiancarsi al processo di cambiamento della persona nella consapevolezza di essere all’interno di un sistema di interconnessioni in cui l’individuo non soltanto crea il mondo ma dal mondo è creato a sua volta.
“qualsiasi reale risoluzione di una crisi deve per sua stessa natura comportare un nuovo modo di essere al mondo. Eppure la resistenza a compiere ciò è grande, ed il processo (cambiamento) non potrà mai avvenire senza diversi e ripetuti incontri con l’umano nel corso della propria esperienza di vita.” (Kegan).
Ci si propone di Essere luogo per il cliente dove ci si senta “a casa” (nell’accezione positiva) in cui un posto dove stare è riconosciuto protettivo e facilitatore per il raccontarsi e nel raccontarsi intravedere la possibilità di “stare meglio”.
Fondamentale è non riprodurre un “ambiente invalidante” in cui alla comunicazione delle proprie esperienze, seguono risposte estreme, inappropriate e imprevedibilmente variabili come sicuramente è l’ambiente biosociale di provenienza dei nostri clienti.
Il servizio si vuole caratterizzare per una particolare attenzione alla famiglia, innanzitutto perché la famiglia è il primo nucleo educativo per eccellenza e solo attraverso di essa si possono mettere in pratica politiche di prevenzione su comportamenti disfunzionali. Accogliere la famiglia significa intervenire precocemente sui giovani in modo da offrire spazi di confronto tra le generazioni.
Pensiamo che sia importante dare alla famiglia uno spazio in cui non ci sia solo uno scambio di prestazioni socio-sanitarie ma un luogo in cui le narrazioni tra esseri umani possano favorire l’auto consapevolezza dei rischi rispetto ad alcuni comportamenti i quali non sono sbagliati in sé ma portano a conseguenze drammatiche rispetto ai sintomi che sprigionano.
Dr.Maurizio Mattioni Marchetti
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