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13.05.2009
Dipendenze, consumo diffuso e Rete dei Servizi
a cura di Enzo Turani
Uno dei mutamenti significativi che oggi è possibile registrare è rappresentato dalla progressiva tendenza ad utilizzare sostanze psicoattive, legali ed illegali, sempre più in quadro di “normalizzazione” ed omologazione culturale.
Le tendenze al consumo compulsivo e l’affermarsi di culture della performance e dell’entertainment ad ogni costo costituiscono un substrato assai fertile per la riduzione delle soglie di allarme e di vigilanza nei confronti dell’uso di sostanze.
I dati epidemiologici, le esperienze cliniche e le conoscenze sul fenomeno dell’uso e dell’abuso di sostanze dipingono uno scenario di “normalizzazione”, intesa come il farsi strada di una mentalità generalizzata secondo cui diviene ineluttabile convivere con il fenomeno, considerandolo sempre più inevitabile in diverse fasce di età e di popolazione.
Ciò che principalmente si evidenzia è:
• l’espansione dei comportamenti d’abuso fra i giovani, con significati e modalità di consumo variegati, con abbassamento della fascia di età di inizio;
• Consolidamento della percezione di normalità culturale e sociale del consumo;
• Trasversalità culturale e sociale;
• Percezione dell’uso di droghe lecite ed illecite come utile a rendere “competitiva” la persona agli stimoli della società;
• Aumento dei consumatori di stimolanti e dei poli-consumatori;
• Ampliamento della quantità di adulti consumatori e con patologie residue psichiatriche o fisiche;
• Acutizzarsi delle problematiche sanitarie e sociali che accompagnano il ciclo di vita (es.invecchiamento della popolazione tossicodipendente).
Le caratteristiche del “mercato” di spaccio e di consumo mostrano che il fenomeno è mutato in profondità.
Tale mutamento richiede dunque anche un mutamento o aggiornamento della rete dei servizi ancora sostanzialmente organizzata secondo il modello degli anni ’80, sia pur con parziali rivisitazioni.
La sfida oggi presente non è più principalmente sanitaria come negli anni ’80 con il diffondersi impetuoso dell’eroina e dei morti per overdose, neppure come negli anni ’90 di fronte al diffondersi dell’AIDS, le tendenze sopra delineate evidenziano la compenetrazione con fattori di tipo socio-culturale ampiamente diffusi.
Oltre alle tendenze di uso e consumo ben illustrate negli approfondimenti del Prevolab (Il Laboratorio previsionale) e nei rapporti nazionali ed europei, il substrato al malessere in particolare giovanile, ma non solo, è acutamente descritto nei rapporti CENSIS.
Da tempo quindi il tema è “sul tavolo” e già in un rapporto di analisi del 2006 sulle tendenze ai consumi nel territorio lecchese evidenziavo che:
“Su questo terreno per i servizi pubblici e privati, a partire dalla presa d’atto del possesso di una significativa esperienza e bagaglio conoscitivo per condizioni di dipendenza e abuso “storiche”, si pone l’urgente necessità di approntare, in particolare per i giovani consumatori di sostanze, modelli diversi ed innovativi di contrasto.
Modelli capaci di comprendere i valori di senso individuali e collettivi insiti in quegli stili di consumo e di derivarne ipotesi conseguenti sia per approccio teorico che organizzativo.”
Quindi:
• fenomeno mutato
• servizi culturalmente arretrati e a compartimenti stagni
• necessità di individuare modelli di contrasto e prevenzione innovativi
Ora l’elaborazione ed individuazione di un modello innovativo di concezione della rete dei servizi è necessario, poiché l’esistente appare inadeguato ed inefficace.
Carattere di Sistema
Un quadro come quello delineato per la complessità della la condizione culturale e sociale richiede necessariamente un modello di fronteggiamento di sistema, mentre i modelli sino ad oggi utilizzati si sono fondati più sulla separatezza (tra sanitario, socio-sanitario e sociale oppure fra pubblico e privato o fra terapeutico e socio-riabilitativo) che rimanda a modelli teorici o presunti tali che di per sé hanno mostrato di essere insufficienti ed inadeguati.
Per quanto da questo punto di vista si siano realizzati molti progressi rispetto ad alcuni anni or sono, restano evidenti tanto nel campo della prevenzione quanto in quello del trattamento/riabilitazione distanze operative nascoste dietro le dichiarate rispettive competenze.
Solo una logica di sistema può consentire un miglioramento e una sinergia delle azioni terapeutiche e preventive, da rilanciare secondo i criteri teorici e metodologici predisposti dall’OEDT e in una logica di programmazione territoriale
In tale logica è necessario che le azioni di rimodulazione del sistema dipendenze contribuisca alla realizzazione di una rete reale dei diversi interlocutori, spinga questi a divenire effettivamente soggetti attivi di una rete nel pieno rispetto dei ruoli indicati con la Legge Regionale n°3/08.
Un diverso modello deve contemperare diversi fattori:
• monitoraggio delle tendenze di consumo con attenzione non solo ai dati di natura epidemiologica;
• prosecuzione dei percorsi di rimodulazione dei servizi residenziali e semi-residenziali in relazione ai bisogni, sviluppando ad es moduli maggiormente flessibili nella tipologia quali quelli di accoglienza, di bassa soglia, o nella durata temporale prevedendo anche percorsi brevi per alcune tipologie di pazienti;
• riqualificazione dei servizi ambulatoriali Sert e Smi con particolare attenzione alle fasce giovanili, soprattutto nei confronti di quel bacino di consumatori che non accedono ai servizi non riconoscendovisi perché connotati/etichettati;
• attenzione al coordinamento ed integrazione terapeutica fra attività ambulatoriali e riabilitative, infatti i moduli citati potrebbero essere il perno attraverso il quale l’aggancio a molte situazioni problematiche si realizza, offrendo accoglienza, accudimento (residenziale e semiresidenziale) e spazio protetto di individuazione e avvio del programma terapeutico. Tali attività debbono quindi poter essere svolte in forte sinergia con i Sert e i Servizi Multidisciplinari Integrati, ponendo al centro dei programmi di intervento la persona;
• sostegno alle associazioni che svolgono un’essenziale attività di accoglienza e supporto alle famiglie, in considerazione anche della maggior professionalizzazione dei volontari in esse operanti;
• rilancio delle attività di prevenzione (la separazione di fatto fra prevenzione aspecifica e selettiva indotta dalla distinzione competenze in materia di Comuni e ASL, ha determinato una incomunicabilità che nello specifico comporta un decadimento dell’efficacia). E’ necessario ricondurre ad unitarietà tali interventi e rilanciare la prevenzione secondo le linee guida internazionali;
• opportunità di differenziare la programmazione e il coordinamento dei processi dalle attività erogative, garantendo in tal modo ruolo e funzione ai diversi interlocutori partecipanti alla rete;
• inserirsi in un modello di welfare community particolarmente importante per il tema delle dipendenze.
Le precedenti considerazioni portano ad un ulteriore sviluppo del ragionamento e cioè che ridisegnare il sistema di fronteggiamento ai consumi di droghe in una logica di Welfare community non è un’esclusiva operazione di rimodellamento dei servizi, comporta invece un disegno strategico di più ampio respiro che connette i diversi piani sanitario, sociale e culturale, apre attività di ascolto non connotate, non strettamente ambulatoriali “nel senso classico”.
Enzo Turani
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