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12.04.2009
Don Leandro Rossi:l'attualità dei vecchi articoli scritti per Rocca
La notte da sotto la mia camera saliva il rumore di una vecchia macchina da scrivere olivetti elettrica, ormai non la trovi più se non in una fabbrica dismessa da anni.Oltre al tichettio il profumo di caffe che bolliva sopra la stufa a legna. La notte era il contorno magico per Leandro di costruire il suo racconto al mondo e per noi, o per me il momento in cui mi sentivo partecipe di un evento culturale da profumo profetico, da parte di un prete al di fuori di ogni casa (ideologica) e libero di dire ciò che voleva.
da un articolo del 1998 si ripropone la questione della responsabilità del consumatore di sostanze psicoattive. Questione ancora attuale in quanto la punibilità di questi soggetti crea ancora imbarazzo e divisione ideologiche. Il punto centrale è la responsabilità sociale degli individui e la loro capacità a stare in un sistema organizzato, oppure la possibilità per alcuni cittadini di avere responsabilità diverse per azioni compiute che ledono la libertà di altri.
Impunità garantita:
Ci è capitato di trovarci d'accordo con la Consulta per l'originalità di alcune sue sentenze; ma stavolta dobbiamo dire che non l'alcolista non sarebbero imputabili per i reati che compiono. Il motivo? «I'Aterazione non transitoria dell'equilibrio biochimico. tale da determinare un vero e proprio stato patologico psicofisico». Le parolone sembrano trovate dal dottor Azzecagarbugli! Non è facile riuscire a scontentare contemporaneamente proibizionisti e antiproibizionisti. Ebbene la Suprema Corte c è riuscita. L’antiproibizionista, infatti, si accontenta di affermare la non punibilità dell'assunzione della droga (quando è legalizzata o liberalizzata); ma non arriva a dichiarare impunibili i reati verso altri compiuti in quello stato.
Commenti a caldo. Un senatore di An, Riccardo Pedrizzi parla di «una paradossale situazione di privilegio per il malvivente che è anche tossicodipendente». Maurizio Gasparri dice: «l'impunità garantita è un'aberrazione giuridica». Persino il dottor Vittorio Agnoletto, Presidente della Lila (e abituale difensore dei drogati malati) dice: Ritenere queste persone incapaci di intendere e di volere è in contrasto con qualunque valutazione clinica». Anche don Oreste Benzi (altro abituale difensore dei poveri) sostiene: «Questa sentenza non ci voleva proprio. E una istigazione a delinquere e a morire». Aggiunge: «Non esistono drogati o alcolizzati irrecuperabili. Lo possiamo dimostrare con i fatti. Con questa sentenza è come se ricevessero il messaggio: per voi non c'è speranza; continuate a drogarvi fino a morire».
«E tu mi - sussurra un amico - che sei vissuto venti anni con i tossici e quasi altret¬tanti insegnando teologia morale, cosa dici?». Rispondo: scienza ed esperienza sono ben poca cosa. Potrebbero anche of¬frire la presunzione di conoscere già la ri¬sposta, mentre non si deve mai rinunciare a riflettere in maniera nuova, di fronte ai nuovi problemi.
La «repressione» è sempre un grosso tema che fa tremare le vene e i polsi. La repressione ha sempre per me qualcosa di animalesco, più che di educativo. Mi richiama alla memoria l'asino frustato perché possa proseguire il cammino. L’uomo dovrebbe guidarsi con la ragione. Ma qui c'è l'impunità garantita che potrebbe incentivare chi vuol commettere crimini; rendere questi poveretti manovalanza del¬la mafia, che utilizza anche i bambini, proprio per la loro impunibilità. E poi non si è già visto che assicurare l'esenzione dal carcere agli ammalati di Aids con meno di 100 T/4 ha portato alcuni ad osare il tutto, minacciando di morte? Bisogna, da un canto, rassicurare la gente; dall'altra, aiutare il tossico e l'alcolista. Come fare?
Io cerco spesso di trovare il giusto mezzo tra due estremi, ma non sempre è possibile. Proprio sulla droga, tra la soluzione repressiva e quella permissiva, c'è di mezzo quella responsabilizzazione (di coscientizzazione), che però qui non pare possibile. L’ha suggerita il dott. Alessandro Meluzzi dell'Udr: «I tossico-dipendenti sono colpevoli, ma la detenzione non serve». Giusto: Ma allora cosa serve davvero?
Modestamente penso che non si dovrebbe risolvere il problema in termini generali (quando si è sempre responsabili, e quando non lo si è mai). Bisognerebbe appoggiarsi di più sulla responsabilità del giudice, che valuta le persone e i fatti oggettivamente, e può dire con approssimazione chi è capace di intendere e di volere, e chiedere l'utilizzo di programmi specifici e personalizzati. Non siamo tutti uguali. Non si è sempre colpevoli. Ma l'impunità garantita a priori no, sarebbe una amnistia previa, immeritata e pericolosa.
La miglior risposta ci pare ancora quella di Don Benzi, che crede davvero che gli ultimi ci rappresentano Cristo: «Così si uccide la speranza di chi soffre e lotta». Non è l'impunità e la deresponsabilizzazione la risposta giusta, che la società deve dare ai giovani, ma la rimozione delle cause, che portano il soggetto a bere e a drogarsi. Le comunità dovrebbero insegnare un modo di vivere fraterno, non la repressione.
Leandro Rossi (a cura di maurizio mattioni marchetti)
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