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Settembre 2024
Riflessione sulla comunità 2
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Comunità è una parola di origine latina: viene da communitas, derivato di communis "che compie il suo incarico (munus) insieme con (cum) altri"; è presente nella lingua italiana sin dal 13° secolo e viene utilizzata per indicare un insieme di persone unite dalla razza, dal territorio, dalla lingua, dalla religione, dalla professione e così via.
Comunità equivale ad un rapporto che non ha uno scopo determinato o finalistico .
Reciprocità, vicinato, amicizia,
Inizialmente lo strumento della residenzialità è stato pensato e predisposto per persone con problematiche psichiatriche e per adolescenti «difficili e in difficoltà» e successivamente adattato ai consumatori di sostanze psicoattive legali e illegali.
Il termine «comunità terapeutica» iniziò a essere usato sempre più spesso, identificando strutture i cui programmi riconoscevano l’importanza dell’ambiente nella sua totalità e si basavano su una sorta di «democrazia guidata» (centrata sulla partecipazione del paziente alla vita e alle attività della comunità, sul gruppo come elemento motore generale, ma senza annullare il contributo specialistico e professionale degli operatori).
A parte alcune esperienze spontanee che non hanno lasciato traccia sostanziosa, è plausibile indicare in Synanon3 la prima vera comunità terapeutica per consumatori di droghe e alcol. Il suo fondatore fu Chuck Dederich, che basò la sua avventura sugli insegnamenti degli Alcolisti anonimi.
«You alone can do it but you cannot do it alone» solo tu puoi farlo, ma non puoi farlo da solo.
In questa fase, si manifestò e si sviluppò l’interesse per le comunità terapeutiche da parte di un gruppo nutrito e qualificato di ricercatori, tra i quali Mitchell Rosenthal, Pauline Kaufman, George De Leon e Nancy Jainchill. Questi iniziarono un percorso di studio e di valutazione delle comunità terapeutiche e dei loro risultati e contribuirono in maniera sostanziale a fornire un supporto scientifico al movimento e alle strutture di trattamento.
Modello medico si rivolge all’unità ana tomo-funzionale. Cioè le strutture delineate dall’anatomia e le funzioni vitali descritte dalla fisiologia.
1-criterio di intervento: causalistico eziopatogenico
2-obiettivo:guarigione
3- strategia:ricovero, cura
La Comunità…
(Riflessione sulla comunità terapeutica)
Per il narratore il dover spiegare una esperienza di vita che si riassume in una galleria di immagini vivide della memoria non è semplice per via della complessità e della simultaneità delle rappresentazioni. La descrizione della Comunità è un insostenibile tentativo di infilare pensieri in una collana per dare un costrutto narrativo al senso di una esperienza come fosse una pratica meditativa. La Comunità è un significato oggi tradito nella sua essenza, perché indica un qualcosa d’altro del significato stesso. La Comunità è Comunità se in primo luogo rispetta alcuni semplici canoni della convivenza umana che sono la condivisione alla pari degli aspetti quotidiani, la reciprocità del cambiamento nell’esperienza, la solidarietà nel perseguire in modo empatico obiettivi comuni.
La Comunità residenziale si pone come dispositivo compiuto di cura in cui il proprio habitat sociale di convivenza funge da strumento di cambiamento per gli ospiti. La Comunità è intesa nell’insieme tra gli operatori e utenti.
Per cui la Comunità diventa lo strumento che attraverso la Comunanza impone uno sviluppo determinato all’azione di cura.
La Comunanza è la forma in cui si dà e stà in modo inequivocabile lo strumento comunità come dispositivo che poi accoglie al suo interno gli specialismi che corrispondono alle varie professionalità che al suo interno giocano il proprio ruolo.
Al narratore la collana dei pensieri passa tra le mani come un vecchio Rosario tenuto per ricordo dal mondo di provenienza in cui permane la matrice di ogni inizio. Se una persona nella parte terminale della sua vita chiama noi: i cosiddetti operatori, non è certo per avere una prestazione, ma per avere comunanza, che è ciò che sta nella irrazionalità dell’essere umano e fa sì che sia compassionevole reciprocamente.
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