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26.09.2014
Documento di CEAL e FEDERSERD:
Propongono alle istituzioni ed agli operatori un percorso rinnovato.
La Lombardia,E’ la realtà regionale che ha innovato e sperimentato di più,Ha definito già nel 2003 un sistema misto pubblico – privato sociale, articolato nelle unità di offerta possibili e spinto fino alla previsione, unica nel Paese, di servizi ambulatoriali multidisciplinari privati.
Federazione Regionale Lombardia
CEAL e FEDERSERD, organizzazioni maggiormente rappresentative delle realtà del privato sociale e del pubblico nel settore delle dipendenze lombardo, propongono alle istituzioni e agli operatori del sistema di intervento la necessità di un percorso rinnovato in Regione Lombardia.
La Lombardia ha un sistema d’intervento e di governance articolato nel settore delle dipendenze, soprattutto se messa a confronto con le altre regioni italiane.
E’ la realtà regionale che ha innovato e sperimentato di più e che fin dal 2000 ha programmato e strutturato ad esempio i Dipartimenti delle Dipendenze.
Ha definito già nel 2003 un sistema misto pubblico – privato sociale, articolato nelle unità di offerta possibili e spinto fino alla previsione, unica nel Paese, di servizi ambulatoriali multidisciplinari privati.
In tutte le oltre 230 unità di offerta del sistema quasi 48.000 cittadini hanno trovato risposte nel 2013.
Insomma, non siamo affatto nella condizione di partire da zero!
Ma proprio per questa ragione, tra gli operatori dei servizi, pubblici e privati, si vive anche un profondo rammarico rispetto alle ulteriori potenzialità che si potrebbero esprimere.
Il recente “Libro Bianco sullo sviluppo del sistema sociosanitario in Lombardia” offre scarso rilievo al nostro sistema ed evidenzia i noti dubbi, ad esempio sulla collocazione dei percorsi e delle strutture per i cittadini con problemi di dipendenza.
Insufficiente appare citare i riferimenti ai Poli Territoriali delle Aziende Integrate per la Salute per la allocazione delle funzioni erogative, né appare la collocazione dei Dipartimenti delle Dipendenze, strutture di governo territoriale, e quindi profondamente radicati in una visione territoriale.
Le federazioni firmatarie di questo documento di intenti, con spirito costruttivo e proprio del lungo percorso collaborativo con la Regione Lombardia e in particolare l’Assessorato Famiglia, Solidarietà Sociale e Volontariato, ritengono importante considerare alcuni fattori.
Quali sono le esigenze del settore?
Parlare di dipendenze vecchie e nuove significa affrontare temi specifici, pur all’interno di problemi trasversali alla società attuale.
Viviamo, per dirla con tanti studiosi, in una “società dipendente”: oggi per comprendere davvero i consumi di sostanze dobbiamo allargare lo sguardo sull’intera società e sui suoi modelli generali; in pratica ci troviamo di fronte a fenomeni sempre più in espansione perché sono legati alla dinamica stessa della società, consumista e individualista.
E’ evidente che forzature quali semplificare i bisogni e le fasi di malattia delle persone dipendenti equiparandole a situazioni quali la disabilità o condizioni evolutive come quelle della condizione anziana è improprio scientificamente e sbagliato per strumenti utili e livelli professionali e strutturali necessari.
Lo strumento del voucher è chiaramente inadeguato; occorre, come sperimentato in altre Regioni, la costruzione di un budget di cura, che tenga conto dei percorsi necessari e degli obiettivi raggiungibili da parte delle persone.
La dipendenza è malattia ciclica, evolutiva ma spesso risolvibile, e le funzioni necessarie per affrontarla sono note: la diagnosi, la costruzione del piano terapeutico, i percorsi di cura, il reinserimento, e la prevenzione, la riduzione del danno e dei rischi connessi.
Per questo i LEA sono di tipo ambulatoriale, semiresidenziale e residenziale.
E’ necessario puntare su un sistema davvero integrato e declinato per livelli di bisogno.
Innanzitutto va ricomposta la frattura attuale tra Asl e Aziende ospedaliere, bisogna superare le frammentazioni, come sembra indicare il Libro Bianco.
Infatti questa scelta, finora fondativa del sistema sanitario e sociosanitario lombardo, rappresenta la radice dei problemi che abbiamo di fronte: la distinzione si è rivelata negativa per le dipendenze, che hanno finito per essere il sistema più sanitario all’interno dell’organizzazione delle Asl.
Si è così rotta ogni continuità assistenziale che è invece la chiave vera, oggi, per innovare il sistema d’offerta; noi immaginiamo un lavoro integrato e continuativo, a seconda delle fasi e dei cicli di bisogno, tra servizi territoriali, attività di prossimità, risposte ambulatoriali, strutture residenziali e semiresidenziali e servizi ospedalieri.
Bisogna far crescere un sistema integrato territoriale di risposta, declinato secondo livelli di gravosità: un primo livello di base, collegato al sociale e al
territorio, studiando punti e forme di accesso il più precoce possibili, individualizzando e personalizzando meglio i percorsi; un secondo livello specialistico ambulatoriale e comunitario nelle varie forme e specializzazioni, un terzo livello, più ridotto, di tipo ospedaliero per le situazione di vera gravosità (riutilizzando magari nei piccoli ospedali spazi o reparti sottoutilizzati).
Non riteniamo in contraddizione con le linee generali di risparmio richiamare la necessità di investimenti economici nel settore: l’attuale spesa di circa 120 milioni di euro, non oltre lo 0,7% del bilancio sanitario regionale, per il settore, è decisamente inferiore alla media nazionale e ad ogni indicazione nazionale ed europea che indicano nel 1,2 / 1,5 % del fondo sanitario le soglie ottimali minime di investimento.
Ci permettiamo di citare temi virtuosi come la Cronicità, i Servizi di prossimità, le funzioni di Prevenzione selettiva o indicata soprattutto per i più giovani e di Osservatorio territoriale, come esempi di funzioni stabili, essenziali per i territori, che devono uscire dal perenne status sperimentale per assumere dignità di servizi e strutture, ma debitamente finanziati.
E sul Gioco d’Azzardo Patologico, se abbiamo salutato positivamente la legge 8 del 2013, ora necessita la definizione di un LEA regionale, in attesa degli sviluppi legislativi nazionali, pena la disapplicazione della legge stessa in ampi settori, tra cui quello della cura, ove i fondi stanziati non possono di fatto essere investiti per i vincoli posti alle ASL.
ASL che vedono i servizi sempre più ridotti in personale e mezzi.
Inoltre, il processo di de-carcerizzazione in atto a seguito della sentenza Torregiani e le recenti modifiche sia al DPR 309/90 che all’ordinamento penitenziario, richiedono ai servizi e alle strutture riabilitative un ulteriore e maggiore coinvolgimento.
A questo proposito, il recente protocollo tra Regione Lombardia e Tribunali di sorveglianza di Milano e Brescia (le persone con problematiche di dipendenza detenute negli istituti penitenziari lombardi che potrebbero usufruire delle diverse misure alternative alla detenzione sono circa 2.500) fa riferimento ad un apposito piano di azione regionale finalizzato alla definizione delle modalità e delle prassi operative per attivare percorsi terapeutici e favorire l’applicazione di tali misure.
Condividiamo la necessità di formulare linee di indirizzo che consentano l’omogeneizzazione delle specifiche modalità di intervento a livello regionale e auspichiamo il nostro coinvolgimento nell’elaborazione del piano d’azione a cui viene fatto riferimento nel protocollo.
Evidenziamo inoltre l’esigenza di sviluppare occasioni di confronto e formazione degli operatori, in collaborazione con i Tribunali di Sorveglianza e l’Amministrazione Penitenziaria.
Chiediamo infine alla Regione di andare oltre la pur necessaria collaborazione “a chiamata” in essere, e di ripristinare il Tavolo regionale dei direttori di dipartimento e il Tavolo regionale pubblico privato degli stakeholders.
Per tutto questo auspichiamo che la Regione avvii un percorso partecipato e condiviso, concreto e operativo per arrivare a un vero e proprio “Progetto obiettivo regionale”, che parta dai bisogni dei cittadini e dalla esperienza degli attori del sistema.
Milano, 29 luglio 2014
Per i consigli direttivi
La presidente CEAL
(Dott.ssa Gabriella Feraboli)
Il presidente FeDerSerD
(Dott. Alfio Lucchini)
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