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13.11.2011
Le dipendenze da ricerca emozionale
Di Franco Riboldi

L'atto dell'acquisto in sé è una dimostrazione di potere e di prestigio accompagnata da emozioni piacevoli

Sono le forme di dipendenza più vicine ai "disturbi ossessivo-compulsivi "e ai "disturbi del controllo degli impulsi "(1). Qui il piacere è correlato alla ricerca di emozioni. Queste sono reazioni primitive, improvvise, che si esauriscono in breve tempo, ma che nell'attimo della "piena" catturano intensamente mente e corpo dell'individuo (2). L'attaccamento, più che nell'emozione in senso stretto, è nei riguardi dello stimolo che la determina. In queste forme l'aspetto coercitivo assume caratteri molto forti di urgenza e incontrollabilità. Tipica dipendenza con tali caratteristiche è lo shopping compulsivo. L'atto dell'acquisto in sé è una dimostrazione di potere e di prestigio accompagnata da emozioni piacevoli. La dipendenza da acquisti si connota per un impulso irrefrenabile, urgente, a comprare qualcosa. E' un impulso ripetitivo, che diventa via via sempre più frequente (anche più volte alla settimana), persino in presenza di impossibilità economica , ripercuotendosi inevitabilmente sulle finanze personali, sui rapporti familiari e sulla salute psichica (senso di colpa e di vergogna). La persona affetta da questa patologia si sente assalita dall'ossessione incontrollabile di comprare, arrivando a stati di tensione molto alti che si placano solo dopo aver consumato l'acquisto. Se poi questo, per motivi vari, non viene compiuto si verificano pesanti crisi di ansia e frustrazione. Un'altra caratteristica importante è che l'azione di acquistare è fine a se stessa, non si fanno cioè acquisti in qualche modo utili, ma si tende a comperare cose di cui non si ha assolutamente bisogno che poi vengono regalate o messe da parte. Questa dipendenza può essere l'espressione di bassa autostima (timore di non essere apprezzati dagli altri, senso di inferiorità), di carenze affettive o di depressione.
Un'altra dipendenza di questo tipo è la dipendenza da gioco (gambling). In questo caso si ha un impulso incontrollabile a scommettere denaro (o altri beni) per ottenere un premio. Il gioco d'azzardo (dall'arabo "az-zahr" che significa "dadi") ha origini molto antiche e ha come caratteristica il "rischio": la vincita è più dovuta al caso e alla fortuna che non alle capacità del giocatore. I giochi (tra cui si possono tranquillamente inserire le lotterie nazionali e i vari concorsi a premi) che danno più dipendenza sono quelli che tra la scommessa e il premio hanno un tempo minore (slot-machine e gratta e vinci). Il giocatore dipendente (gambler) è un appassionato a questo genere di divertimento che ha perso il controllo su di esso e si sente sempre più costretto a giocare (investendo tra l'altro somme di denaro sempre più consistenti), pena una profonda sensazione di malessere astinenziale (ansia, irascibilità, turbe vegetative, disturbi del comportamento sino anche

al suicidio). Il momento del "gioco" è preceduto da una forte tensione emotiva che si placa solo quando si entra nel vivo dell'azione e si prova una sensazione di forte eccitazione, quasi uno stato ipnotico in cui sembra che il tempo si fermi e che non esista nient'altro al mondo. Il bisogno di giocare, col passare del tempo, si trasforma in vero e proprio incubo. La situazione economica e familiare si aggrava sempre di più, senza che questo costituisca però un deterrente. Non raramente si arriva alla disperazione più totale, con perdita del lavoro, separazioni coniugali e crisi depressive.


Nella maggior parte dei casi le "dipendenze senza droga" hanno una dinamica di insorgenza "bifasica". Per un lungo periodo (anche di parecchi mesi), prima che il "bisogno "si scateni, è il "desiderio" a muovere l'individuo in una certa direzione. Nel campo delle motivazioni, bisogno e desiderio esprimono due significati differenti. Il primo richiama l'urgenza e l'intollerabilità dell'attesa, mentre il secondo si alimenta dell'aspettativa stessa: l'attesa dell'oggetto, avvertito come necessario, non è affatto condizione di sofferenza, anzi, è comunque soddisfacente. Rispetto all'addiction da eroina, in cui il bisogno si evidenzia già dopo poche assunzioni, c'è dunque una fase di "latenza" sensibilmente più lunga prima che si manifesti la malattia vera e propria. Una fase dove c'è ancora spazio per altri pensieri, altri desideri e altri bisogni. Cadere in una di queste forme di attaccamento morboso ha tutto il sapore dell' "asservimento volontario", condizione forse ancora più enigmatica rispetto a quella determinata dal "piacere tossico". Pur avendo tutto il tempo necessario per accorgersi della strada che si sta percorrendo, non si riesce a trovare la forza per fermarsi. "Una schiavitù volontaria è l'orgoglio più profondo d'uno spirito malato "(Thomas Edward Lawrence). Il consiglio migliore, se ti senti sull'orlo di uno di questi precipizi, è quello di non aspettare che il desiderio si tramuti in bisogno. Puoi ancora attivarti e correggerti in tempo. Informati scrupolosamente sul nuovo baratro che hai davanti, considera la fatica che dovresti fare per riemergere qualora finissi dentro. Poniti sempre in un atteggiamento di "determinato ripudio" ogni volta che il desiderio ti assale, ma se nonostante i tuoi sforzi ti accorgi che il "sintomo" persiste lavora con più energia sulle tue risorse (più avanti troverai tantissimi suggerimenti in tal senso). Di fronte a una dipendenza non devi mai concentrarti solo sul "sintomo", non è quello il vero problema: il nodo da sciogliere è dentro di te.

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